Il volto di una generazione
Di Carla (del 21/02/2007 @ 17:48:35, in La Storia, linkato 2506 volte)
Da “Il Messaggero” di Martedì 20 Febbraio 2007 di ELENA PANARELLA
«Quando arrivano i primi giorni di febbraio comincio a sentirmi male». La mamma di Valerio Verbano oggi ha poco più di ottant’anni e vive ancora in via Monte Bianco, nel quartiere Montesacro. E da quando è stato riaperto il caso di Primavalle molti hanno pensato alla storia di suo figlio, ammazzato nella sua stessa casa, davanti agli occhi dei genitori. Gli autori dell’omicidio, tre ragazzi giovani, non sono mai stati identificati. Tra due giorni è il ventisettesimo anniversario della morte di suo figlio, assassinato il 22 febbraio del 1980 e «parlare è importante», racconta con un filo di voce nella sala consiliare di via Benedetto Croce, sede dell’XI Municipio, in un incontro “Il volto di una generazione” voluto dal presidente Andrea Catarci. «Mi sento responsabile della morte di mio figlio. Il suo fu un omicidio diverso dagli altri, perché i suoi assassini agirono da vigliacchi». Valerio aveva 19 anni. Era uno studente romano del Liceo Scientifico “Archimede”, impegnato nei movimenti ed appartenente a quella generazione che sul finire degli anni ’70, in un pesante clima di scontro sociale, si impegnava quotidianamente nelle scuole e nei quartieri «per cambiare il mondo».
La storia è nota. Valerio venne ucciso in casa davanti ai genitori, legati e imbavagliati, da tre persone che gli spararono un colpo di pistola alla nuca. Lo presero in un agguato. Al delitto, uno dei tanti dell’epoca, seguirono cinque mesi di indagini e nessun colpevole. L’inchiesta si arenò su un fascicolo denominato «atti contro ignoti», come lo sono tutte le indagini che non hanno un futuro. Oggi, la signora Carla ha 83 anni ed è rimasta sola, in una casa vuota, in attesa che venga fatta ancora giustizia.
Il pezzo più difficile è chiederle di quel giorno... «Ci penso tutte le sere prima di addormentarmi. Quei tre ragazzi che bussano alla porta e chiedono di Valerio. Io che apro e faccio appena in tempo a vedere uno di loro, un giovane alto coi riccioli biondi, che si infilano il passamontagna e mi portano in camera da letto, legando me e mio marito». Nei suoi occhi il dolore di quel giorno, prende fiato e continua: «L’attesa da mezzogiorno e mezza alle due meno un quarto, quando è arrivato Valerio. A quel punto c’è stata una colluttazione, lui ha disarmato uno di loro poi è scappato verso il salone. Gli hanno sparato alla schiena ed è caduto lì su quel divano. Io ero riuscita ad uscire dalla stanza premendo col mento sulla maniglia chiusa e ho fatto appena in tempo a vederlo sdraiato lì. Ha gridato “aiuto mamma”, “aiuto mamma”. Due volte e poi basta». L’assassinio viene rivendicato dai Nar (Nuclei Armati Rivoluzionari) organizzazione del terrorismo neofascista. Valerio aveva realizzato un dossier in cui aveva evidenziato i collegamenti tra alcuni gruppi dell’estrema destra e settori della malavita cittadina, sottolineando vicinanze e coperture con apparati statuali. I contenuti sono talmente importanti da spingere il Giudice Amato ad avviare un’indagine, ma lo stesso verrà a sua volta assassinato, solo pochi mesi dopo, sempre dai Nar.
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